Al Bano per un caffè in casa Allegri.
Conosco Al Bano del 1967. Quindi, da quasi 39 anni. Una conoscenza
nata per lavoro, per un’intervista, quando Al Bano cantava “Nel
sole”. Ma proseguita poi sul piano personale fino a diventare
amicizia. Di caffè ne abbiamo presi tanti insieme. Da un po’ di
tempo, i mass media si interessano molto più del solito di questo
cantante popolarissimo. E per la verità lo fanno, almeno a quanto
sembra, con spirito un po’ bellicoso, con il desiderio e
l’intenzione di volerlo distruggere, ridicolizzare, quasi ne fossero
invidiosi. Ma hanno perduto la battaglia. L’effetto ottenuto è stato
l’opposto di ciò che volevano. Infatti, la sua popolarità è
aumentata. Più i mass media gli vanno contro, più aumenta la
simpatia della gente.
Ma di queste cose Al Bano non parla
mai. Non lo interessano. Non le segue. Pensa al suo lavoro. Canta. E
canta con gioia, contento della simpatia della gente.
E così, in questo nostro incontro,
abbiamo bevuto il caffè parlando di cose del passato, quasi non
esistessero le vicende in corso. Abbiamo ricordato vecchie storie,
progetti, sogni, ideali. Conversando, ho avuto l’impressione che
questo strano cantante sia rimasto ancora quello che avevo
conosciuto 39 anni fa. Conserva lo stesso entusiasmo, le stesse
idee, gli stessi progetti, la stessa liberta.
Mentre
lui parlava, io lo guardavo e riflettevo ricordando quello che ho
letto su di lui e visto alla televisione in questo ultimo anno.
Essendo stato coinvolto in vicende che hanno tenuto le prime pagine
della cronaca rosa dei settimanali, (ma se ne sono interessati
ampiamente anche i quotidiani e perfino i telegiornali) è stato
argomento di discussioni e di analisi.
Tutti gli esperti del pettegolezzo,
che viene anche chiamato gossip, hanno fatto commenti,
interpretazioni, supposizioni, previsioni, ed hanno emesso giudizi.
Alla fine Al Bano è stato un po’ massacrato. Ma si è trattato di un
massacro solo virtuale, nella mente dei commentatori, perché nella
realtà Al Bano è quello di sempre, con un’energia impressionante, un
entusiasmo travolgente e una serenità adamantina. L’unico effetto, a
livello di massa, di questa campagna che doveva essere denigratoria,
è esattamente il contrario di ciò che i media si erano proposti di
raggiungere. E così, alla fine, i critici hanno sterzato bruscamente
riportandosi su posizioni benevoli e diventando, almeno alcuni, suoi
sostenitori.
Bevendo
il nostro caffè, Al Bano ed io abbiamo parlato di vicende che in
genere non finiscono sui giornali. Al Bano ha una strana e curiosa
abitudine. Non tiene mai per sé i soldi che non sono frutto del suo
lavoro, della sua fatica. Se per caso vince un premio in soldi, quei
soldi non li usa, li regala in beneficenza. Non so da chi abbia
ereditato questa abitudine.
Forse dall’orgoglio contadino dei suoi
antenati. E’, comunque, una consuetudine che risale ai primi anni
della carriera e alla quale è sempre stato fedele. Ogni tanto mi
interpella, chiedendomi, con discrezione, indirizzi di orfanotrofi,
istituti religiosi bisognosi, e io capisco che ha dei soldi da
mandare.
Una ventina di anni fa, conobbe madre
Teresa di Calcutta. Fu in occasione del battesimo di una sua figlia.
Mi disse che desiderava un battesimo privato, per evitare la ressa
della gente e dei fotografi, che, come era già accaduto, avrebbero
rovinato la serietà del rito religioso.
Gli organizzai una cerimonia a Roma.
Celebrante, era un vescovo cecoslovacco, monsignor Pavel Hnilica,
amico personale del papa, Assistente un sacerdote, Don Sergio
Mercanzin, fondatore e direttore di “Russia ecumenica”. E madrina
della piccola figlia di Al Bano, Madre Teresa di Calcutta. Madre
Teresa era molto amica di monsignor Hnilica, che le chiese se
accettava quel ruolo insolito e lei accettò molto volentieri.
La cerimonia aveva tutti gli
ingredienti del grande evento, ma rimase una cosa intima e
riservata. Nel senso che il battesimo si tenne in una cappella
privata, lontana da sguardi e curiosità mondane. Le uniche persone
presenti erano i familiari di Al Bano e qualche amico.
Però,
d’accordo con Madre Teresa e con monsignor Hnilica, non si rinunciò
a fare delle fotografie, che sono un documento straordinario di
quella bellissima cerimonia. Al Bano chiamò il fotografo Bruno
Oliviero, noto come il “fotografo delle dive”, concordando con lui
che le foto sarebbero state vendute a tutti i giornali che le
avessero richieste ma che il ricavato doveva andare tutto a Madre
Teresa. Oliviero fu d’accordo e quelle immagini finirono sui
giornali di mezzo mondo procurando alle opere caritative di Madre
Teresa di Calcutta un cospicuo assegno.
Da allora, Madre Teresa è sempre stata
nei pensieri di Al Bano.
In varie altre occasioni mi ha
chiamato chiedendomi di metterlo in contatto con le suore di Madre
Teresa, e io capivo perché. Recentemente, Al Bano ha vinto una
causa in Spagna con un sostanzioso risarcimento danni. Mi ha
chiamato per dirmi che, com’era sua abitudine, quei soldi non voleva
neppure toccarli. Aveva già scelto alcuni istituti cui fare
beneficenza, ma voleva far avere un’offerta anche alle Suore di
Madre Teresa.
Mi chiedeva di trovargli l’indirizzo
della Casa delle suore di Madre Teresa di Madrid. Glielo trovai e
comunicandoglielo, con discrezione gli chiesi che genere di offerta
faceva: “Centomila euro”, rispose asciutto. Mentalmente calcolai che
si trattava di quasi duecento milioni di vecchie lire. Una bella
somma. Ma non feci commenti. Una ventina di giorni più tardi, mi
chiese l’indirizzo romano delle Suore di madre Teresa, per una nuova
offerta.
Approfittai
per sapere dalle suore stesse se avessero ricevuto i centomila euro
dalla Spagna e la madre superiore mi rispose che erano già
arrivati, ma anche già partiti per l’Africa, dove c’era
un’emergenza. “La Provvidenza ci ha aiutato” ha commentato.
Di queste cose non parlano i giornali.
Ed è bene che lo facciano perché la carità deve essere discreta e
silenziosa. Come dice San Paolo, “la carità non si vanta, non si
gonfia”. Ma, secondo me, sarebbe importante anche se si conoscessero
queste vicende perché potrebbero far capire che il mondo dello
spettacolo non è fatto solo di superficialità, pettegolezzi e
stupidaggini. Ci sono anche altri valori, molto seri, e per fortuna
anche assai diffusi tra gli artisti.