AVRAI

 

“Avrai sorrisi sul tuo viso come ad agosto grilli e stelle

storie fotografate dentro un album rilegato in pelle

tuoni di aerei supersonici che fanno alzar la testa

e il buio all’alba che si fa d’argento alla finestra” 

Scritta nel maggio del  1982 e dedicata al figlio Giovanni, nato da pochi giorni. È stata incisa in tutta fretta  a Londra, mentre nello studio accanto registrava Paul Mc.

È stata cantata dal vivo, per la prima volta, nel settembre dello stesso anno, durante il concerto a Piazza di Siena davanti a 220.000 persone.

“Avrai” è la lettera di un papà al figlio appena nato. È l’augurio di un vita felice, ricca di emozioni e anche di quei tanti dolori che fanno crescere e maturare.

La prima immagine che l’autore ci regala é il sorriso, che illumina le stagioni della vita, ed il cui ricordo rimane indelebile nelle “fotografie dentro un album rilegato in pelle”. Seguono suoni, odori ed emozioni che descrivono il futuro di Giovanni, così come il suo papà si augura che sia. Si va dal “telefono che vuol dire già aspettare” ai “cavalloni pazzi del mare”, dai “pantaloni bianchi” al “treno per l’America senza fermate”, dalla “neve di montagna” alla “pioggia di collina”.

È molto bello vedere come siano presenti quelli che erano i sogni ed i desideri dei ragazzi dell’epoca, come gli aerei supersonici, il cremino, i pantaloni bianchi, la ringhiera da far suonare, la prima sigaretta, i giochi elettronici. Per chi ha vissuto quegli anni, l’emozione aumenta con lo scorrere delle parole, che riportano la mente agli anni della gioventù.

Fra un sogno ed un desiderio compaiono storie di dolori e delusioni, come “un amico che ti avrà deluso, tradito, ingannato”, “una donna acerba ed un giovane dolore”, “due lacrime più dolci da seccare”, seguite da momenti di tenerezza come “le carezze per parlare con i cani”, e di grande serenità, come l’annuncio in radio della fine della guerra.

Ogni parola è una speranza, la speranza di un mondo migliore per il proprio figlio, per il quale si desidera un futuro sereno. L’autore è molto realistico nei suoi desideri. Sa, avendolo sperimentato su se stesso, che per crescere è necessario soffrire, patire quei dolori dell’anima che ci fanno maturare e ci rendono adulti. Proprio per questo augura al bambino di essere capace di amare,  di avere il tempo per andare lontano, di fermarsi a sognare.

Ho visto spesso Claudio Baglioni cantare questa canzone. Il suo sguardo emozionato e la dolcezza del suo volto fanno capire quanto amore e tenerezza provi per Giovanni e, talvolta, l’emozione è talmente forte da fargli tremare la voce.

Ho avuto la fortuna, nel luglio dello scorso anno, di essere al concerto a Genzano  e di trovarmi seduta vicino alla signora Silvia, la mamma di Claudio. In quell’occasione, ho potuto vedere madre e figlio cantare insieme la canzone dedicata alla persona a loro più cara, l’unico nipote per lei, l’unico figlio per lui.

 

Stefania Scarpulla