Recensione di Stefania Scarpulla Elegantissima
musica dai toni latino-americani; testo sottilmente evocativo di immagini
d’altri tempi. Questa è “Quei due”, brano inserito nell’opera
musicale “L’uomo della storia accanto”. È
la storia di una coppia, seduta ad un tavolino di un ristorante o di un
caffè. Cosa
accade? Che succede fra di loro? È una vera e propria cronaca, in cui si
descrive il comportamento dei due, che sin dall’inizio sembrano essere
degli estranei seduti, per caso, l’uno accanto all’altro. I
loro sguardi non si incrociano mai. Lui
parla poco ed anche lei “ogni
tanto si versa una parola”. Lui
guarda l’orologio mentre il tempo passa fra di loro e spazza via ogni
sentimento. L’unico
momento di contatto è una carezza “col
dorso di una mano”. Lei
a mento in su, con il capo rivolto da un’altra parte, lui a testa in giù
sconfitto. È questa l’immagine più evocativa della storia: quei due
che non si guardano, le cui vite camminano parallele l’una di fianco
all’altra, ma senza incontrarsi. Ogni
immagine sembra riflessa in uno specchio, ogni gesto conferma la distanza
che c’è fra quei due, un tempo innamorati, ora freddi estranei che
vivono realtà differenti. Sembrano
non conoscersi o non riconoscersi. L’amore li ha voluti vicini, il caso
li tiene ancora insieme, senza un perché. I
brividi che sconvolgono i corpi ed i fremiti che danno nuova vita alle
anime sono solo un ricordo sbiadito per quei due, ora così distanti ed
assenti. Ora
quei brividi e quei fremiti non ci sono più. Non
si intravede un progressivo distacco fra loro; non si avvertono tensioni.
Vediamo, riflessi nello specchio, solo dei fermi immagine, in cui si
coglie l’attuale lontananza delle vite dei protagonisti, la totale
assenza di emozioni, la completa estraneità, l’uno nei confronti
dell’altro. Solo
quella carezza fa intendere che li aveva uniti un sentimento, un amore ,
un’intimità che si è andata affievolendo lentamente, senza che i due
protagonisti se ne siano accorti. Solo
ora sembrano prenderne coscienza, ora che non hanno più niente da dirsi. È
inutile cercarsi e rimanere insieme, quando l’emozione della passione
non c’è più, quando il vuoto del niente non riesce più a farci amare
chi ci è accanto. Meglio lasciarsi che vivere nel totale disincanto,
nell’aspra aridità di un affetto che manca, di una passione che non
travolge più i corpi e l’anima. E
poi mancano le parole, manca quel dialogo che avrebbe potuto riavvicinare
quei due. Il silenzio li allontana sempre più, mentre l’immagine dei
loro volti diventa sempre più nitida. Chi
sono quei due così soli con se stessi? |