TIENIAMENTE
 

 


 

 

Tienanmen

Tienanmen

Tienanmen

tienanmente

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Tienanmen

Tienanmen

Tienanmente

 

Testo ermetico, essenziale,  due sole parole, un grande significato!

Inserita all’ultimo momento fra le canzoni dell’album “Oltre”, “Tieniamente” nasce dalla triste storia del massacro degli studenti a piazza Tienanmen.

Il messaggio è un monito: ricorda Tienanmen, tieni a mente quanto è successo a piazza Tienanmen, per non dimenticare, per fare in modo che non accada più.

Gli accadimenti a cui fa riferimento l’autore sono del 1989. Nella notte fra il 3 e il 4 giugno, a Pechino, l’esercito intervenne con carri armati e mitragliatrici pesanti contro la folla radunata in piazza Tienanmen, occupata per sette settimane da migliaia di studenti che reclamavano maggiore democrazia. I morti furono 320, secondo le fonti ufficiali cinesi, ma, secondo Amnesty International, furono quasi 1300.

La piazza fu occupata il 18 aprile da un piccolo gruppo di studenti. Gli slogan dei dimostranti erano: “Abbasso la rivoluzione, viva la democrazia, viva la Cina”. Le loro richieste erano chiare: lotta alla corruzione, risanamento dell’economia e partecipazione del popolo alle scelte future del paese.

Alcuni esponenti del governo, come Zhao Zyiang, avevano affermato che gli studenti erano soltanto patrioti che volevano denunciare gli errori del regime, e non terroristi o  insurrezionalisti.

Dal 20 maggio i manifestanti avevano annunciato uno sciopero della fame, chiedendo un dialogo con le autorità. La risposta fu la repressione nel sangue, con i carri armati che uccidevano i giovani inermi.

Come si può dimenticare l’immagine dello studente davanti al carro armato? Come possiamo dimenticare quanto è accaduto?

Nei giorni immediatamente precedenti al massacro, la situazione appariva tranquilla. I giornalisti stranieri trasmettevano brevi corrispondenze sull’argomento, nelle pagine interne dei quotidiani, ritenendo che non fosse necessario dare ulteriore spazio alle notizie da Pechino.

Alcuni parlavano soltanto di studenti stanchi, non più sostenuti dal popolo; altri avanzavano ipotesi di un compromesso ai vertici del partito e dello stato cinese, per risolvere il problema; altri ancora ipotizzavano la costituzione di un governo parallelo formato da studenti.

Qualche giornalista si nascondeva dietro la censura, che avrebbe impedito agli occidentali di divulgare qualsiasi notizia fuori dal paese.

Il primo tentativo di sgomberare la piazza falliva nella notte fra il 2 e il 3 giugno. I militari, disarmati, fraternizzavano con i dimostranti, fra gli applausi della gente. Tutti prevedevano una soluzione pacifica; soluzione che il governo cinese desiderava avvenisse al più presto, anche perché il fronte studentesco era, da alcuni giorni, appoggiato dai sindacati degli operai.

Le autorità sembravano aver perso su tutti i fronti, in una situazione che poteva influire sulla solidità del governo stesso.

Ma il tentativo pacifico di sgombero era soltanto una strategia per convincere altri studenti e operai a raggiungere la piazza, dove la notte seguente i carri armati fecero più di un migliaio di morti.

L’ordine in Cina era ormai ristabilito.

Gli Stati Uniti d’America davano l’impressione che un eccidio di tale livello non aveva scosso l’animo degli americani. L’allora presidente, George Bush senior, riferì alla nazione che la sua principale preoccupazione era quella di salvaguardare i rapporti fra il suo paese e la Cina popolare; dimostrando che era giusto, per la politica mondiale, “dimenticare Tienanmen”.

Nei giorni successivi i giornali di tutto il mondo si chiedevano cosa volesse dire comunismo in Cina. Molti giunsero alla constatazione che il governo, comunista negli ideali, era fascista nelle pratiche violente.

Ma niente e nessuno condannò apertamente la strage che i carri armati fecero a piazza Tienanmen. La Cina popolare aveva tutto l’interesse a far sì che nel paese si ricordasse quanto accaduto, ma che nel mondo intero l’eccidio fosse dimenticato.

Oggi in Cina la situazione non è certo cambiata. È vietato ricordare apertamente Tienanmen e piangere i morti. La dittatura cinese sembra essersi rafforzata da quegli avvenimenti; anche perché gli stati occidentali non hanno mai avanzato critiche al governo comunista, né hanno mai proposto mozioni all’ONU. Tutto è stato messo a tacere, usando l’arma del terrore e dell’indifferenza dei governi.

All’epoca dei fatti Achille Occhetto era il segretario del Partito Comunista Italiano. La sua richiesta di udienza all’ambasciatore cinese, per avere spiegazioni, si risolse con i cinesi che, come scrisse Indro Montanelli, “gli chiusero la porta in faccia”.

Epilogo della storia fu la rinuncia, da parte del segretario del PCI, del visto che la Cina gli aveva concesso. Debole e patetica risposta ad un evento che ha segnato la storia; soprattutto per l’indifferenza di molti e per l’ingiusta morte di troppi.

“Tienanmente Tienanmen”.