CARNEVALE?... COS'E'?.... COME
NASCE?...
PROVIAMO
A DARE UNA RISPOSTA:
A livello nozionistico il termine Carnevale deriva da carnem levare, abolire
la carne, perche' anticamente indicava il banchetto d'addio alla carne che
si teneva subito prima della Quaresima, periodo di astinenza e digiuno. Ha
la stessa origine carnasciale, modo antiquato di indicare lo stesso
concetto. La parola indica quindi un momento ed estendendo il concetto un
periodo particolare dell'anno, in cui si svolgevano fin dal remoto passato
determinati riti e si dava vita ad un insieme di festeggiamenti.
Esiste anche una diversa origine del termine "Carnevale", maggiormente
accreditata nell'ambito delle tradizioni carnevalesche teutoniche e del nord
Europa in genere: essa fa derivare il termine da "Carrus Navalis", simbolica
imbarcazione che con l'avvento della primavera era usanza per le popolazioni
di pescatori agghindare e preparare per un ideale viaggio verso la città
degli dei; l'origine di questa tradizione risale addirittura all'antica
Grecia.
Il Carnevale si è sviluppato poi spontaneamente nella società umana,
rivestendo sempre un’importanza fondamentale al suo interno e nel suo
immaginario collettivo: la fantasia, l’energia, la spontaneità e le
creatività popolari hanno trovato espressione, fin dai tempi passati, in
questo evento, la cui portata simbolica va ben al di là della semplice
festa.
Contrapposto alle forme religiose ufficiali, il Carnevale era la festa del
popolo, il luogo del riso e della follia, dello scherzo, della materialità e
dell’abbondanza. Nella festa vige la più assoluta libertà e tutto diviene
lecito: ogni gerarchia viene a cadere ed i rapporti divengono spontanei,
liberi e disinibiti, superando i freni imposti dalle convenzioni sociali e
le barriere create dalle differenze di età, di classe e di sesso. Il singolo
si spoglia della sua individualità per fondersi e confondersi nel vortice
gioioso della festa; l’ebbrezza, la danza, la musica permettono di liberarsi
dal proprio io contingente, di annullarsi per ritrovarsi con gli altri a
condividere emozioni comuni che esulano dalla sfera quotidiana, emozioni in
cui l’elemento materiale e quello simbolico trovano la loro sintesi.
La
dissacrazione parodica di ogni autorità ed istituzione permette di
emanciparsi temporaneamente dal potere dominante e di intravedere per un
momento la possibilità di un mondo completamente diverso. Il comico diviene
infatti un momento di rottura della regolarità, scardinando le logiche
comuni e sovvertendo potenzialmente gli ordini sociali.
La cerimonia del buffone che viene proclamato re offre una
rappresentazione di "mondo alla rovescia" in cui si opera un capovolgimento
dei rapporti alto-basso, tutto a vantaggio di quest’ultimo, in opposizione a
tutto ciò che viene calato dall’alto come assoluto, indiscutidile ed
immutabile.
Le classi dominanti tendono a presentare le proprie idee come oggettive ed
intoccabili, cementando il loro potere attraverso il controllo e la
manipolazione della mentalità collettiva, bollando e demonizzando qualsiasi
diversità, se non nelle forme legali, sotto quelle più sottili e perverse
del tabù, e cercando di ricondurre all’interno dei propri schemi ogni
devianza.
Il Carnevale, così, ha finito per costruire un canale di sfogo per
l’esuberanza e la vitalità popolare, che è stato legalizzato e
ammesso alla pubblica piazza nelle forme della festa, attraverso un
processso di normalizzazione e quindi neutralizzazione di
energie potenzialmente sovversive. Ma si tratta comunque di una
legalizzazione forzata, incompleta, affiancata al divieto ed alla
repressione per il resto dell’anno e solo finalizzata a concedere quello
sfogo scolmatore del malcontento e dell'esigenza di liberta' del popolo.
Ma di
fatto questo temporaneo stravolgimento di ruoli e realtà rappresenta una
forte esigenza dell'uomo; per questo motivo sopravvive, nonostante la
strumentalizzazione dei potenti, sino ad oggi, dove assume una valenza di
piacevole festa e ancora di sfogo.
Emblematica della concezione carnevalesca del mondo è la maschera. Essa è
uno dei motivi più complessi e ricchi di significato della cultura popolare:
indossare la maschera è un modo di uscire dalla banalità del quotidiano, di
disfarsi del proprio ruolo sociale, di negare sé stessi per divenire
altro. Andando avanti nel tempo la maschera ha finito per assumere
un’accezione negativa: è divenuta qualcosa che cela, dissimula, inganna.
Arrivando ai giorni nostri, in una società dove l’ipocrisia è norma e prassi
quotidiana, paradossalmente la maschera può assumere un nuovo (cioè vecchio)
significato, non di negare bensì di rivelare, o di rivelare negando.
La maschera può, celando il volto alla vista, mostrare un carattere più
essenziale del nostro essere, e rafforzare la nostra identità, intesa nel
senso più pieno del termine. |