Di fronte a fatti e ad
affermazioni di questo tipo non esiste che una risposta: rispettoso
silenzio. Silenzio per comprendere la sofferenza di coloro ai quali è
stata strappata la vita in modo tanto crudele e barbaro, quanto
ingiusto. E' il silenzio di chi comprende, è il silenzio di chi non
accetta questo sistema di cose, è silenzio che non giudica e non
condanna, ma è vicino a chi è morto dentro.
No, non possiamo passare sotto silenzio certi crimini, certe atrocità,
non possiamo fare finta di niente, non possiamo avallare atti così
crudeli compiuti molto spesso per futili motivi.
No, non possiamo accettare un "perdonismo" e un "buonismo" che sanno
solo di superficialità.
E' da questo punto di vista e non da altri che dobbiamo far partire la
nostra riflessione sull'istituzione della pena di morte se vogliamo
comprendere i motivi per cui tanti stati nel mondo
la utilizzano ancora.
Tuttavia, è necessario e indispensabile, sia da un punto di vista umano
che biblico-cristiano, eliminarla e abolirla...
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10 MOTIVI UMANITARI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE
1) La pena di morte non serve come deterrente per i crimini.
In Giappone, dove la pena di morte è prevista dalla legge, tra il
novembre del 1989 ed il marzo del 1993 le esecuzioni vennero sospese
perchè i ministri di giustizia dell'epoca erano contrari alla pena di
morte: durante la moratoria, il tasso di criminalità non aumentò, anzi
diminuì.
L'argomento della deterrenza è quello più frequentemente chiamato in
causa: condannare a morte un trasgressore dissuaderebbe altre persone
dal commettere lo stesso reato. L'argomento della deterrenza non è però
così valido, per diversi motivi.
Nel caso, per esempio, del reato di omicidio, sarebbe difficile
affermare che tutti o gran parte degli omicidi vengano commessi dai
colpevoli dopo averne calcolato le conseguenze. Molto spesso gli omicidi
avvengono in momenti di particolare ira oppure sotto l'effetto di droghe
o di alcool oppure ancora in momenti di panico. In nessuno di questi
casi si può pensare che il timore della pena di morte possa agire da
deterrente.
Inoltre la tesi della deterrenza non è assolutamente confermata dai
fatti. Se infatti la pena di morte fosse un deterrente si dovrebbe
registrare nei paesi mantenitori un continuo calo dei reati punibili con
la morte e i paesi che mantengono la pena di morte dovrebbero avere un
tasso di criminalità minore rispetto ai paesi abolizionisti. Nessuno
studio è però mai riuscito a dimostrare queste affermazioni e a mettere
in relazione la pena di morte con il tasso di criminalità.
Un'analisi delle percentuali di omicidi in paesi abolizionisti e
mantenitori ha dimostrato che i paesi mantenitori hanno in genere una
percentuale maggiore. Tale analisi prendeva in considerazione i cinque
paesi abolizionisti ed i cinque paesi mantenitori con il maggior numero
di omicidi. Confrontando i dati, l'analisi conferma che nei cinque paesi
abolizionisti il tasso più alto di omicidi era 11.6 per 100.000 persone,
mentre nei paesi mantenitori il tasso più elevato era 41.6 per 100.000
persone.
Vi sono inoltre dati sulla criminalità di vari paesi che dimostrano come
l'abolizione della pena di morte non comporti alcun aumento della
criminalità.
In Giamaica, per esempio, durante una sospensione della pena di morte
tra il 1976 ed il 1980, si verificarono poche variazioni nel tasso di
omicidi. In Canada il tasso di omicidi per 100.000 persone scese da un
massimo di 3.09 nel 1975, anno precedente l'abolizione, a 2.41 nel 1980
e da allora è rimasto relativamente stabile. Nel 1993, 17 anni dopo
l'abolizione, il tasso di omicidi era 2.19 per 100.000 persone, vale a
dire il 27% in meno rispetto al 1975. Un recente studio condotto in
California ha dimostrato che nei 15 anni in cui la California eseguiva
condanne a morte molto frequentemente (circa una ogni due mesi, dal 1952
al 1967) il numero di omicidi è aumentato di circa il 10% ogni anno.
Tra il 1967 ed il 1991, periodo in cui non hanno avuto luogo esecuzioni,
l'aumento medio annuale era del 4.8%. Lo stesso studio dimostra anche
l'esistenza di ciò che viene denominato effetto brutalizzante della pena
di morte: nei 4 mesi precedenti l'esecuzione di Robert Harris in
California, avvenuta nel 1992, la media mensile di omicidi nello stato
era 306 mentre nei 4 mesi successivi la stessa esecuzione tale numero
salì a 333, registrando un aumento del 9%. Uno studio simile ha
dimostrato che nello stato di New York, nel periodo in cui venivano
eseguite più condanne a morte che nel resto del paese, cioè tra il 1907
ed il 1963, si registravano in media due omicidi in più ogni mese
immediatamente successivo ad un'esecuzione.
I molti studi effettuati sull'argomento hanno quindi dimostrato come sia
impossibile affermare con chiarezza che la pena di morte abbia un potere
deterrente.
Lo studio più recente sulla relazione tra la pena di morte ed il tasso
di omicidi, condotto per le Nazioni Unite nel 1988, ha concluso che
"questa ricerca non ha fornito alcuna prova scientifica del fatto che le
esecuzioni abbiano un effetto deterrente maggiore rispetto
all'ergastolo. è improbabile che si ottenga mai questa prova
scientifica. Lo studio non fornisce alcun fondamento alla tesi della
deterrenza".
2) L'applicazione delle norme giuridiche è spesso soggetta a errori
umani dolosi o involontari.
La pena di morte non colpisce solo i colpevoli, ma anche, forse più
spesso di quanto si immagini, persone innocenti.
Uno studio dello Stanford Law Review ha documentato in questo secolo 350
casi di condannati a morte negli Stati Uniti, in seguito riconosciuti
innocenti. Di questi 25 erano già stati giustiziati, mentre altri
avevano già trascorso decenni in prigione. 55 dei 350 casi risalgono
agli anni '70, 20 risalgono agli anni compresi tra il 1980 ed il 1985.
In Giappone, Sakae Menda fu condannato a morte nel 1950 per un omicidio
commesso nel 1948. 33 anni dopo egli fu riconosciuto innocente e
rilasciato, dopo aver vissuto per oltre trent'anni nell'attesa
dell'esecuzione.
A Taiwan nel febbraio 1982 fu riconosciuto innocente e rilasciato un
uomo di 74 anni, condannato per un omicidio commesso nel 1972.
Numerosi sono anche i casi in cui incompetenza e corruzione hanno
causato condanne a morte di innocenti. Tra questi il caso di Vladimir
Toisev, abitante di un villaggio della Repubblica di Bielorussia,
condannato a morte per omicidio nel 1970. Passò diciotto mesi prima di
ricevere la commutazione della condanna, ma fu rilasciato solo nel 1987.
Nel 1987 l'organo di stampa Znamya Yunosti affermò che gli investigatori
avevano strappato una confessione a Toisev nel corso di interrogatori
notturni e avevano picchiato suo fratello per poter ottenere prove false
che avvalorassero la confessione. Quando fu scoperto il vero colpevole,
gli investigatori tennero segrete le informazioni per nascondere
l'errore commesso.
Nel 2000 il Governatore dell'Illinois ha decretato una moratoria a tempo
indeterminato atta a stabilire l'iniquità di alcuni processi durante i
quali alcuni detenuti (troppi ndr) innocenti erano stati condannati alla
pena capitale e molti stati nel mondo negli ultimi 2 anni stanno
seguendo quest'esempio, si pensi al fatto che proprio di questi giorni è
la notizia che nel mese di Novembre 2001 in Texas verrà votata
un'eventuale moratoria di 2 anni.
(vi rimandiamo ai Dossier ed alle news presenti nelle pagine del sito
per ulteriori e più dettagliate informazioni).
3) La pena di morte è un arma troppo potente in mano a governi
sbagliati.
Può essere sfruttata dal governo per eliminare personaggi politicamente
o religiosamente scomodi, alterando persino il concetto di gravità di
certi atti. E' quello che sta attualmente accadendo in Cina dove si
muore non solo per aver commesso crimini gravi, ma anche per il semplice
fatto di opporsi al regime. Nel 1999 il 60% circa delle esecuzioni
mondiali sono avvenute proprio in territorio cinese.
I reati capitali sono 68, tra cui omicidio, stupro, rapina, furto,
traffico di droga, prostituzione, evasione delle tasse e, addirittura,
stampa o esposizione di materiale pornografico. Particolarmente
raccapricciante è il fatto che spesso le esecuzioni vengono fatte in
luoghi pubblici e i condannati sono costretti a tenere al collo un
cartello con il loro nome ed il reato per il quale vengono giustiziati.
Le Associazioni umanitarie, inoltre, denunciano il fatto che spesso ai
condannati, una volta giustiziati, vengono espiantati gli organi senza
il loro permesso; proprio per questo motivo, si ritiene che alcune
condanne vengano eseguite in quanto sono richiesti organi per i
trapianti!
4) L'applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di
sistemi preventivi.
Quando viene applicata la pena di morte, la gente prova quasi un
sentimento di soddisfazione, quasi che in questo modo il crimine
commesso fosse ripagato, espiato, dimenticando in realtà che la vittima
ha subito una ingiustizia che non potrà mai essere ripagata. Tuttavia la
gente è come soddisfatta. Lo Stato si mostra così "giusto" ed efficiente
contro il crimine. In questo modo si corre il rischio che lo Stato
possa, in qualche modo sentirsi dispensato dal ricercare una soluzione
che prevenga il crimine stesso.
Le strade sono troppo spesso troppo poco sorvegliate, la polizia non è
mai sufficientemente presente sul territorio per mancanza di personale o
per incapacità organizzativa.
Inoltre, lo Stato non dovrebbe, forse, contribuire rimuovendo le
situazioni di indigenza estrema, promuovendo la dignità umana,
eliminando conflitti razziali troppo spesso causati da leggi poco
democratiche?
Lo Stato non dovrebbe promuovere una migliore umanizzazione della
società, combattendo il diffondersi di una mentalità lassista e
immorale? Come si comporta lo Stato nei confronti dello sfruttamento
minorile, della pornografia, della facile vendita di armi?
Il fatto è che lo Stato è troppo spesso vittima della sua economia che
gli impedisce di combattere la battaglia della prevenzione fino in
fondo. E in fondo sono proprio le multinazionali che producono e vendono
armi, che producono pornografia, che diffondono una mentalità in cui il
potere ed il denaro sono il bene supremo. Lo Stato, quindi, legato
dall'economia, può soddisfare la società solo ricorrendo ad un ulteriore
crimine.
5) Il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la
nostra società.
Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi
motivo - il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa
la nostra società - così lo Stato, che agisce razionalmente, non spinto
dall'emozione del momento, e in quanto garante della giustizia, non deve
mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei
crimini: l'omicidio.
Così facendo si fornirebbe a tutti un esempio di atrocità compiuto dalla
legge stessa, mentre essa è stata creata proprio per la tutela dei
diritti umani e quindi per quello della vita.
6) Lo stato si comporterebbe in modo criminale come il criminale
stesso.
Le leggi, infatti, moderatrici della condotta degli uomini e espressioni
della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne
commetterebbero uno esse medesime e, per allontanare i cittadini
dall'assassinio, ordinerebbero un pubblico assassinio.
7) La pena di morte è discriminatoria
La pena di morte è spesso usata in maniera discriminatoria nei confronti
di minoranze razziali, di persone povere e scarsamente istruite e in
alcuni casi può venire usata come arma contro oppositori politici.
Un esempio di come la pena di morte sia usata in maniera iniqua nei
confronti delle minoranze si ha negli Stati Uniti. Studio effettuati
recentemente sulle condanne a morte comminate in vari stati degli USA
hanno dimostrato che l'accusa ha chiesto in media la pena di morte nel
50% dei casi in cui l'accusato era nero e la vittima bianca e solo nel
28% dei casi in cui sia l'accusato che la vittima erano neri.
Gli Afro-Americani rappresentano il 12% della popolazione degli Stati
Uniti ed il 50% delle persone giustiziate dal 1930.
E' inoltre dimostrato che la stragrande maggioranza di coloro che hanno
subito la pena di morte, era gente povera. Il ricco non subirà mai la
pena di morte. Il ricco può pagarsi qualsiasi avvocato, può pagare la
propria libertà.
8) La pena di morte non ristabilisce alcun equilibrio.
Per quanto autori e filosofi illustri quali Kant ed Hegel giungano a
giustificare, anzi ritengono necessaria la pena di morte su basi
retributive, ci pare che agli effetti i parenti, gli amici e i
conoscenti della/e vittime non si sentano sufficientemente ripagati
dalla morte dell'assassino. Lo sarebbero se ciò servisse a riportare in
vita la vittima, se la morte dell'assassino servisse veramente a
ristabilire una situazione di equità.
In realtà se il ladro commette il furto, la restituzione del denaro può
servire a ristabilire una situazione di equità e il carcere avrebbe la
funzione sia come deterrente, sia per la riabilitazione stessa del
ladro. Purtroppo l'omicidio, qualunque siano le motivazioni, è talmente
grave proprio perchè innesca un meccanismo di non ritorno. Nessun atto
potrà mai riportare indietro una persona morta, solo un miracolo.
9) Lo Stato è corresponsabile dei crimini commessi.
Consideriamo il fatto che la personalità di ogni individuo è
profondamente segnata dall'ambiente circostante, dagli eventi che si
trova costretto ad affrontare e dagli eventuali disturbi mentali che lo
affliggono. Come può quindi la società ritenere la sua morte
indispensabile pur essendo, in un certo senso, corresponsabile di ciò
che egli ha compiuto? Si arriva davvero al paradosso.
10) Pena di morte = risparmio ?
Una delle argomentazioni a favore della pena di morte si basa sul fatto
che è meno costoso uccidere i colpevoli piuttosto che tenerli in
carcere. Tuttavia alcuni studi svolti in Canada e negli Stati Uniti
dimostrano che l'applicazione della pena di morte è più costosa del
carcere a vita.
Uno studio realizzato recentemente ha rilevato che in media il giudizio
capitale e gli appelli di primo grado costerebbero ai contribuenti circa
1.8 milioni di dollari, due volte di più di quanto costi mantenere una
persona in carcere a vita.
Uno studio condotto in Florida nel 1988 sosteneva che i contribuenti
pagano oltre 3.1 milioni di dollari per ogni esecuzione.
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10 MOTIVI BIBLICI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE
1) Non uccidere
I 10 comandamenti sono la forma legislativa più alta e più "normale" che
l'uomo abbia mai avuto. Più alta perchè proveniente da Dio stesso. Più
normale, perchè se mettiamo a nudo la nostra coscienza, ci rendiamo
conto che questa legge fa parte di noi, del nostro essere interiore. E'
una legge positiva che è parte integrante dell'uomo, e quando dico uomo
non mi riferisco solo al singolo individuo, ma anche all'umanità nel suo
complesso, e quindi alla società. Quando Dio parla all'uomo, non parla
solo al singolo individuo, ma all'uomo nelle sue forme politiche
organizzate.
La scrittura "Non rubare" si riferisce tanto al singolo quanto al
governo, che in quanto governo non è dispensato da questa legge. Anzi al
contrario, proprio il governo, che dovrebbe far rispettare questa norma,
dovrebbe essere il primo ad essere coerente con essa.
Perchè per la scrittura "Non uccidere", dovremmo fare diversamente ?
Perchè il singolo non è autorizzato, ma lo può essere il governo ?
Gesù è venuto a portare la Verità. Egli ci ha detto di essere la Verità.
Non ha parlato di relativismo, non ha detto che ognuno può avere la sua
verità. Dunque, esiste una sola verità, ma l'uomo vuole stabilire da
solo, con la propria razionalità, che cosa sia giusto e che cosa sia
sbagliato. Forse le leggi di Dio sono troppo alte per noi? Sembra che
sia così, dal momento che accanto ad ogni norma poniamo sempre dei
"però" e dei "ma", come dire: "Si la legge di per sè sarebbe giusta però
in questo caso ..."
In Es 20,13 leggiamo: " Non uccidere. ". La frase è lapidaria, non è
giustificata. Dio non aggiunge alcun perchè, e nessuna condizione. Segno
che la vita dovrebbe essere rispettata sotto ogni forma di esistenza,
senza deroghe. Forse un criminale, un assassino, meriterebbe davvero la
morte, forse chiunque di noi, trovandosi un'arma in mano e trovandosi
difronte ad un criminale che sta usando violenza su un altro essere
umano, forse su un nostro parente, chiunque di noi non esiterebbe a
sparare.
Ma attenzione, nel caso di immediato e grave pericolo, è lecito fermare
l'aggressore anche ricorrendo alle armi. Sempre in virtù del
comandamento "Non uccidere", perchè se non intervenissimo, saremmo
corresponsabili della morte della vittima, e quindi avremmo
implicitamente scelto tra la sua vita e quella dell'aggressore,
decidendo di lasciare in vita quest'ultimo.
Altra cosa invece, quando questo pericolo immediato non si presenta. E'
il caso della pena di morte.
2) Solo Dio dona e toglie la vita.
In Gb 1,21 leggiamo "Nudo uscii dal seno di mia madre e nudo vi
ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il
nome del Signore."
Non ci interessa qui la disputa se Giobbe, l'autore di queste parole,
fosse esistito veramente o fosse solo frutto della mente umana. Ma di
Giobbe ne conosciamo a migliaia, di persone cioè che sono state messe
dalla vita a dura prova, che hanno dovuto affrontare sofferenze anche
disumane (pensiamo ai lager). Chi di noi non si sarebbe ribellato ? Chi
di noi non avrebbe alzato il suo pugno verso il Cielo? Anche Giobbe lo
ha fatto. Anche Giobbe, definito giusto, ad un certo punto non ha retto.
Ma la sofferenza ha scavato in Giobbe una profondità che prima non
riusciva a raggiungere. "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto", tutto
proviene dal Signore. Ovviamente tutto ciò che è intorno a noi, ma non
certamente le conseguenze dei nostri atti egoistici e vandalici. Il male
non proviene dal Signore. Ma Giobbe ci insegna che la vita è dono, non è
solo una reazione chimica. La vita è dono che proviene da Dio. Questa
vita ci è stata data perchè possiamo imparare a conoscerLo, ad amarLo e
a lodarLo. E tutto ciò non può non passare attraverso l'uomo. Non
possiamo amare Dio che non vediamo se non amiamo il nostro "fratello"
che vediamo.
Certo, questa vita non ci è stata data per compiere ogni sorta di
nefandezze. Ma questa vita appartiene comunque a Dio, Lui solo ha il
potere di dare e togliere la vita. Lui solo ha questo potere e questa
autorità. Tuttavia sono secoli che l'uomo cerca, con ogni mezzo, di
sostituirsi a Dio, cerca di fare di se stesso un dio. Ma Dio ci dice :
"Io do, io tolgo". Non l'uomo.
Ancora in 1 Cor 6,19 : "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello
Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a
voi stessi ?" Si, secondo il pensiero biblico, non siamo neanche padroni
di noi stessi, perchè siamo stati comprati con il Sangue di Gesù Cristo,
morto al posto nostro per annullare il peccato insito in noi, e
permetterci di avere la Vita Eterna. Dio ci ha amato fino a questo
punto, fino al punto di "comprarci" alla morte eterna, alla quale
saremmo stati destinati. Non apparteniamo dunque a noi stessi, non
abbiamo quindi alcun diritto, nè come singoli, nè come stato di decidere
della vita altrui, fosse anche quella del peggior criminale della terra.
3) Dio ha tollerato la pena di morte solo nel Vecchio Testamento
In Mt 19,8 Gesù parla alla folla: "Gli obiettarono: «Perché allora Mosè
ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro
Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare
le vostre mogli, ma da principio non fu così.".
Gesù non è venuto per annullare il Vecchio Testamento (Mt 5,17) ma per
dare compimento. Che cosa significa "dare compimento" ?
Significa 2 cose:
1. Gesù, come Messia, realizza tutte le profezie annunciate nel V.T.
2. Gesù, come Maestro, ci spiega il vero senso delle scritture del V.T.
ristabilendo un giusto equilibrio nell'interpretazione di certe
affermazioni.
In Mt 19,8 Gesù parla del ripudio, ammesso da Mosè sotto determinate
condizioni "per la durezza" del cuore degli Israeliti. Forse gli
istraeliti avevano il cuore duro solo verso le loro mogli? E' possibile
affermare con certezza che solo questo precetto fosse dato per la
durezza del loro cuore?
La Bibbia è stata scritta da uomini sotto l'ispirazione dello Spirito
Santo. Nelle Scritture si amalgamano, quindi, pensieri superiori con
pensieri frutto della cultura dello scrittore, del luogo di provenienza
e dell'epoca.
Riteniamo che anche nei casi in cui la Bibbia ammette la pena di morte
vi sia più parte dell'uomo che non di Dio, il quale ha permesso, in
certi casi, la pena di morte, affinchè fosse chiaro agli ebrei, e a
tutto il mondo, che determinati crimini erano talmente gravi da
richiedere la morte stessa del loro autore.
Durante l'Antico Testamento Dio ha agito in modo pedagogico: non ha
rivelato la verità tutta insieme, ma ha fatto crescere il suo popolo
poco a poco, fino ad arrivare a Gesù. Così Dio appare molto duro in
alcuni precetti, mentre è molto "largo" in altre situazioni (ad esempio
non condanna Giacobbe che aveva più mogli, e neanche Abramo, il padre
dei giusti, che ha lasciato sua moglie tra le braccia del re Abimèlech,
facendola passare per sua sorella - Gen 20).
Ma in Gesù la morale è definitiva. E la pena di morte non è più ammessa.
4) Chi è senza peccato scagli la prima pietra
Gv 8 "Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si
recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli,
sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono
una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono:
«Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè,
nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne
dici?». Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che
accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E
siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi
di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E
chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne
andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le
disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose:
«Nessuno, Signore».
E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare
più»."
Gesù non condivide il comportamento della donna; infatti le dice "non
peccare più". Per i canoni dell'epoca il comportamento della donna era
meritevole di morte. Gesù stronca in pieno le intenzioni di quegli
uomini, pronti a lapidare la donna. Non dice loro di perdonare, perchè
in fondo non aveva fatto cose gravi. Non dice loro che devono essere
buoni e che quindi devono perdonare quella donna. Dice loro che sono
ipocriti e malvagi.
Ipocriti in primo luogo, perchè se la donna era stata sorpresa in
flagrante adulterio, dov'era l'uomo che stava con lei? Forse solo la
donna meritava la morte? E l'uomo? Ancora discriminazione.
Malvagi, perchè non provavano alcun segno di terrore nel compiere un
atto barbaro come quello della lapidazione. Malvagi perchè questo
sembrava farli star bene, mettere in risalto il loro alto senso della
giustizia, la loro giustizia. Abbassando quella donna loro si
innalzavano.
Certo , Gesù con la frase : "Chi di voi è senza peccato scagli la prima
pietra" non voleva appiattire la differenza tra i reati. Indubbiamente
esistono reati più gravi e reati che lo sono meno. Ma ogni peccato, è
una ferita contro se stessi e contro l'umanità, una ferita che se non
viene curata può dare origine a qualcosa di più grave. Nessuno di noi è
esente da colpa, quindi nessuno di noi può giudicare e condannare.
Inoltre esistono persone che hanno ricevuto di più dalla vita e persone
che hanno ricevuto meno (vedi la parabola dei talenti) quindi anche un
peccato lieve può essere grave per chi ha ricevuto molto e un peccato
grave esserlo meno per chi ha ricevuto poco.
Allora, si dirà, se non possiamo giudicare, dobbiamo abolire i tribunali
? Assolutamente no. L'istituzione del tribunale è di per sè cosa buona.
Gesù non abolisce la Legge. Non ha mai affermato che possiamo fare a
meno della legge, di qualunque legge si tratti. Perchè la legge regola e
disciplina i rapporti umani, dipana le dispute, agisce come deterrente.
Ma la legge umana non è sempre così vicina alla legge di Dio, è spesso
imperfetta, è spesso maschilista e razzista (come nel caso riportato
sopra). Ancora peggiore, spesso, ne è l'applicazione.
Gesù non afferma che quella donna (e l'uomo con il quale ha peccato) non
fossero colpevoli. Gesù condanna qui, apertamente la pena di morte.
Dobbiamo ricordarci infatti che nella mentalità dell'epoca l'atto
compiuto dai due era gravissimo e quindi meritevole di morte. Ora ogni
epoca e ogni cultura ha la sua scala di valori. Affermare il principio
della legalità della pena di morte significa lasciare in balia della
cultura e della scala di valori del governo vigente la possibilità di
uccidere uomini e donne su basi molto discutibili (è ciò che sta
accadendo nei paesi asiatici quali Cina e Giappone).
5) Gesù non fonda la sua dottrina sulla "meritocrazia"
Mc 10,46-52 "E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai
discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva
lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno,
cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di
me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte:
«Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco
dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il
mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che
vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la
vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito
riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada."
Quando Gesù guarisce un essere umano, non chiede il certificato di buona
condotta. Il cristianesimo è fondato su una giustificazione che non
dipende dalle buone opere dell'uomo, ma sulla misericordia e sulla
gratuità di Dio. La salvezza è sempre un dono, mai un merito. Un dono
che si accetta per fede. E' la salvezza stessa, poi, che produce l'uomo
nuovo, capace di amare e liberare.
Gesù agisce secondo una logica che non ci appartiene. Noi siamo nella
logica della retribuzione. Siamo nella logica della legge del taglione.
Ma il contrario di questa logica non è l'impunità. Il contrario non è il
semplice "perdono".
L'abolizione della logica del taglione ci obbliga a riformulare la
nostra società perchè ci sia una maggiore equità negli strati sociali,
una società delle opportunità fondata su 3 principi: libertà,
solidarietà, sussidiarietà.
La morte di ciascun condannato, non è vittoria della giustizia, ma
sconfitta della società.
6) Nessuno tocchi Caino
Gn 14,15: "Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò
nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e
chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». Ma il Signore gli disse:
«Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il
Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque
l'avesse incontrato."
Si, Caino aveva inaugurato il primo omicidio della storia. La figura di
Caino è certamente emblematica. La portata spirituale e teologica della
sua storia vanno molto aldilà della semplice verità storiografica. Caino
non è storicamente vissuto, ma è certamente esistito. Egli rappresenta
gli inizi della società umana, quando presa coscienza della distinzione
razziale, l'uomo si è riconosciuto diverso dal resto del creato. La
storia di Caino ci dice che fin dagli inizi, dopo un periodo di pace
"paradisiaca", l'uomo è stato un ribelle alla vita.
Perchè Dio non ha sterminato Caino ? Perchè ha permesso che Caino
sopravvivesse ? Non avrebbe potuto fermare questa catena di male fin
dall'inizio ?
Anzi, non solo risparmia Caino, ma pone in lui un segno perchè "non lo
colpisse chiunque l'avesse incontrato". Dio quindi non ammette in alcun
modo la vendetta dell'uomo, la legge del taglione.
Nessuno tocchi Caino. Non perchè Caino se lo meriti. Ma nessuno tocchi
caino.
7) Dio si serve anche di assassini (pentiti)
La pena di morte pone fine ad ogni possibilità di pentimento. Appurato
il crimine. Appurate le responsabilità del colpevole. Perchè condannarlo
alla morte eterna ? Perchè non lasciargli questa possibilità di
redenzione interiore ?
Può essere ammissibile da uno stato ateo e non confessionale. Ma che
addirittura la Chiesa di Cristo possa ammettere (ufficialmente) la pena
di morte è inammissibile.
Eppure la "storia della salvezza" è costellata da uomini e donne malvage
scelti da Dio per portare avanti il suo piano.
Davide si comportò in maniera veramente aberrante. Invaghitosi di una
donna sposata, essendo re di Israele, abusò del suo potere per far
andare il marito della donna in guerra e là farlo morire. Dopo il
funerale prese la donna con sè, mostrandosi oltretutto, nobile d'animo
per la prodigalità con cui aiutava questa donna rimasta sola.
Dio non approvò il suo comportamento e gli inflisse una grave punizione
prendendo con se suo figlio, appena nato.
Tuttavia, Dio non ripudiò Davide, che nel frattempo era entrato in una
profonda crisi, una crisi che lo spaccava dentro, aprendo gli occhi sul
male che aveva compiuto. Davide non riusciva a perdonare se stesso.
Davide era cambiato e Dio continuò a servirsi di Davide (2 Sam 11-12).
Che dire poi di Paolo (At 7,55-60; At 8,1; At 9,1-2), che un tempo era
Saulo e che si propugnava come obiettivo lo sterminio di tutti i
cristiani ? Proprio lui costituirebbe la giustificazione per la pena di
morte ? Lui, che di morti sulla coscienza ne deve aver avuti
probabilmente, tanti. E' mai possibile che Paolo consideri davvero
giusta la pena di morte quando parla ai romani (Rm 13) ?
Certo, Paolo non era un "mostro", uccideva solo per ideologia. E' ciò
che è stato fatto nelle Fosse Ardeatine o peggio ancora nei Lager
nazisti o quanto accadeva in Siberia. I suoi crimini sono forse più
leggeri di altri? Al contrario, erano premeditati ed eseguiti a sangue
freddo.
Eppure Dio ne fa uno dei suoi più grandi evangelizzatori e portatori
della Sua Buona Novella.
Dio condanna il crimine, ma lascia spazio per la conversione. Vogliamo
essere più giusti di Dio?
8) L'uomo, immagine di Dio.
Gen 1,26 : E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra
somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul
bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che
strisciano sulla terra».
Secondo Pio XII certe criminose azioni possono portare alla perdita del
diritto alla vita. Concordi con Pio XII nella condanna di tali atti e di
coloro che le compiono non possiamo però contraddire la Bibbia secondo
la quale "l'uomo è stato fatto a immagine di Dio". Certo, si dirà, certi
delinquenti dimostrano tutto fuorchè di essere immagine di un Dio-Amore.
Dimostrano anche di aver perso ogni senso di coscienza.
Nonostante ciò crediamo che in ogni uomo permanga una luce, seppure
impercettibile, non tanto di bontà, quanto di quella immagine che Dio ha
impresso nell'anima di ciascuno di noi. E' una realtà spirituale, non
morale. L'anima umana non può essere toccata dall'uomo, perchè non è in
suo potere. L'uomo può comportarsi da animale, ma non diventerà mai,
fisicamente, un animale. Forse, proprio per questo è maggiormente
condannabile.
Tuttavia il diritto alla vita non deriva dalle nostre azioni ma solo dal
fatto di essere stati voluti da Dio. E' la sua immagine impressa nella
nostra anima il marchio che ci legittima alla vita.
Relativizzare la sacralità della vita potrebbe essere molto pericoloso.
9) Il precetto di condanna a morte aveva maggior valore nel Medio Evo
La Chiesa ha compiuto la maggior parte dei suoi passi nella
giustificazione della pena di morte durante il Medio Evo, anche se per
fedeltà a se stessa continua ad ammetterla tutt'oggi. Tuttavia nelle
parole di Giovanni Paolo II si trovano segni di speranza che la Chiesa
possa, anche ufficialmente, rivedere le sue posizioni in materia.
Diciamo ufficialmente perchè nei fatti la Chiesa promuove la grazia per
i condannati a morte. I vescovi del messico hanno prepararono nel 1997,
un documento con il quale intendevano opporsi fermamente a questa
barbarie :
"Since the reinstatement of the death penalty in the United States in
1976, the Catholic Bishops of the United States have repeatedly
condemned its use as a violation of the sanctity of human life. Capital
punishment, along with abortion and euthanasia, is inconsistent with the
belief of millions of Texans that all life is sacred."
STATEMENT BY CATHOLIC BISHOPS OF TEXAS ON CAPITAL PUNISHMENT (October
20, 1997)
In tempi passati la maggior giustificazione alla pena di morte derivava
dall'insicurezza delle carceri. C'era quindi la possibilità, concreta,
che un criminale tornasse in breve in libertà, costituendo un pericolo
per l'incolumità della società.
Oggi però abbiamo sufficiente tecnologia per combattere le evasioni e
sufficienti mezzi per impedire che la sola corruzione possa consentire
ad un condannato di tornare in libertà e nuocere nuovamente alla
società.
Dipende solo dallo stato promulgare leggi dure e farle rispettare.
Dipende dallo stato costruire carceri sicure.
Oggi la pena di morte non è più assolutamente ammissibile!
10) Legge dell'uomo o legge di dio? (Rm 13,1-4 e At 5,29)
I documenti ufficiali della Chiesa Cattolica giustificano la pena di
morte rifacendosi, tra gli altri, a questo passo, Rm 13,1-4:
"Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è
autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio.
Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da
Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. I
governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si
fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fà il bene e ne avrai
lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il
male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al
servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male."
Piuttosto che giustificare la pena di morte, questo passo sembra un
insegnamento dato da un uomo accorto, un uomo di mondo, che che sa come
funzionano certe cose. Paolo vuole prima di tutto mettere in guardia i
cristiani dall'andare contro la legge negli stati in cui sono presenti.
Al contrario del popolo ebreo, infatti, i cristiani non sono accomunati
da una nazionalità che non sia quella celeste e per questo sono
disseminati in ogni angolo della terra. Paolo invita i cristiani a non
comportarsi da ribelli. I cristiani devono essere portatori di pace e di
dialogo.
Il fatto poi che Paolo affermi che le autorità vigenti sono stabilite da
Dio non implica automaticamente che ogni loro azione sia in sintonia con
la volontà di Dio. Piuttosto il fatto di ribellarsi all'autorità in
quanto autorità, questo si, sarebbe un ribellarsi a Dio, perchè il
cristiano non è un "fuori-legge". Paolo cerca di riequilibrare altre sue
affermazioni secondo le quali per il cristiano non esiste altra legge
che quella dello Spirito e che potevano essere interpretate in maniera
errata ("Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò
che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito" -
Rm 7,6).
Tuttavia, neanche Paolo soggiace ad adorare dèi propugnati dalle
autorità "stabilite da Dio". Perchè ? Perchè distingue dall'autorità in
quanto tale dalle sue azioni, seguendo lo stesso principio affermato da
Pietro : At 5,29 "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini",
vale a dire che all'occorrenza i cristiani devono anche opporsi, devono
obiettare.
Conclusioni
- Abbiamo presentato e sostenuto il decalogo in cui crediamo e siamo
convinti che la Chiesa, e quindi tutti i cristiani, dovrebbero prendere
maggiormente posizione contro gli stati affinchè venga abolita questa
barbarie, questa schiavitù del 2000.
- Non crediamo tuttavia nell'impunità, nel perdono a buon mercato. Non
si tratta di perdono, ma di umanizzazione. Non si tratta di "passarci
sopra", ma di costituire Stati che conducano la società verso una nuova
Morale complessiva che possa in massima parte prevenire l'attuazione dei
crimini più efferati.
Terminiamo con questi 2 pensieri:
Cesare Beccaria - Dei delitti e delle pene, paragrafo sulla Pena
di morte
"La pena di morte non è altro che la guerra della nazione contro un
cittadino, perchè giudica necessaria o utile la distruzione del suo
essere"
Leonardo Sciascia
"Ma mi conforta questa fantasia: che se tutto questo, il mondo, la
vita, noi stessi, altro non e', come e' stato detto, che il sogno di
qualcuno, questo dettaglio infinitesimo del suo sogno, questo caso di
cui stiamo discutendo, l'agonia del condannato, la mia, la sua, puo'
anche servire ad avvertirlo che sta sognando male, che si volti su un
altro fianco, che cerchi di aver sogni migliori. E che almeno faccia
sogni senza la pena di morte"
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