"Io, Baglioni, architetto"
di Carlo Picozza
ROMA - «"Meglio che fai il cantante", mi diceva
mamma, "che a studiare ti si sciupano gli occhi"».
Un consiglio seguito a metà: dopo anni di
concerti e tournée, Claudio Baglioni ieri si è laureato
in Architettura, discutendo una tesi sul recupero
dell´area tra il Gazometro e il Tevere per
adattarla ad accogliere incontri di popolo in musica. E
proprio lì, per festeggiare, terrà un concerto il
13 luglio. «Un lavoro brillante», commenta il
docente Benedetto Todaro. Premiato con 108 su 110.
Valutazione buona visto il voto medio degli esami
che attestava a 97 il punteggio di partenza.
Così Baglioni ha ripreso la matita: «La "colpa" è
del preside Roberto Palumbo che, quattro anni fa,
con una lettera a tremila studenti che avevano
abbandonato gli studi, indicava l´opportunità di
poter continuare a dare esami anche se dall´ultima
prova erano passati più di otto anni». Applausi,
foto, autografi e fiori nell´aula e nei corridoi
della facoltà. Accanto al progettista-cantante
c´è il figlio Giovanni, ultimo anno di
Giurisprudenza: «Sei riuscito a laurearti prima di me...». E
lui: «Sono così pochi i motivi di vanto che
questa volta non mi sono lasciato scappare
l´occasione...».
Scherza Baglioni vestito di bianco: jeans,
camicia e giacca in pelle, tutto bianco. Ora si muove
tra le tavole del suo progetto con una conquistata
spigliatezza. «Questa mattina, radendomi, mi sono
sorpreso a fare i vocalizzi come quando debbo
affrontare un concerto. Avevo il cuore gonfio di
ansia. Una sofferenza vera...». Poi, il recupero:
«Ho pensato che se avessi cominciato a illustrare i
miei vecchi bozzetti dei palchi sui quali ho
cantato, forse la tensione si sarebbe sciolta...».
Va così. Comincia alle 12.30 presentando su fogli
neri, disegnati anch´essi in bianco, le sue idee
di palcoscenici: a stella, con tapis roulant,
palchi itineranti sugli chassis dei tir,
palchi-albero della cuccagna con luci e altoparlanti al
posto di salami e prosciutti. E palchi-ponte. Come
quello del progetto per la sua tesi che ora,
padrone del campo, discute accarezzando il libro di
Tullio Lucidi, I fantasmi dell´Ostiense, 150 anni
della "Romana Gas" nel quartiere operaio. Gli
artisti, attraverso una passerella, "trasvolano" la
folla dalla pedana di fronte al Gazometro a
un´altra vicina ai vecchi stabilimenti industriali che
Baglioni vorrebbe recuperati a servizi per
incontri e ristoro. «Quel "ponte" potrebbe arrivare al
Tevere dove, imbarcati, i cantanti potrebbero
sparire sull´acqua...», dice.
Tra il Gazometro e la distesa «che accoglierebbe
250 mila persone», Baglioni immagina un laghetto
ricavato dall´unificazione delle vecchie vasche
del carbone che, una volta "distillato", produceva
gas. Su due piani, interrati, parcheggi per
duemila auto. E se il Campidoglio facesse suo il
progetto? «Mi sentirei mancare la terra sotto i piedi.
Ma non mi tirerei indietro. Sono uno
studente-operaio», dice parafrasando il premier. «I sogni non
nutrono, ma alimentano...».
E le sue ipotesi, disegnate e fotografate sulle
tavole, alimentano la memoria: «Di me bambino,
sei, sette anni, che chiedevo a mio padre del
Gazometro, quella grande "voliera". "È un cilindro
magico", mi rispondeva». La magia è rimasta. Dove una
volta c´era la comunità operaia, intorno alla
"Romana", Baglioni vorrebbe realizzare «un altro
centro storico di periferia». I ricordi toccano
anche gli spazi dell´università, «dove ho studiato. E
"pianto", per i lacrimogeni della polizia negli
scontri di Valle Giulia». «Poi, tra via
dell´Architettura e via della Musica, ho imboccato
quest´ultima. Ora so che quella non era proprio una
biforcazione...».
|