Foto di
Sabine Brauer per “Gente”Dagospia
13 Maggio 2005

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Sarà beatificata in vita? A quando Beata Alessandra? Perché se va
avanti così, tra pellegrinaggi a Lourdes e rosari-cocktail recitati nella
casa romana di Palazzo Borghese, articoli-sermone su “Gente” e
interviste pie e anti-gay a “Vespa a Vespa”, più show-off della sua amicizia
con papa Ratzinger (e il suo segretario bonazzo Georg), conterraneo
di Gloria Thurn und Taxis, amica per la pelle di Ale
Borghese, la canonizzazione non potrà tardare.
Nell’attesa di festeggiare la beatificazione, le neo-convertite Ale e
Gloria – le Lecciso del Vaticano le ha nomignolate Chiara Beria - hanno
indossato la divisa davvero fighetta dell’ultra conservatore Sacro Ordine di
Malta (oggi in gran spolvero perché vicino a Ratzinga; in declino, invece,
l’Ordine Costantiniano del cardinal Pompedda) e via! le bimbe hanno preso al
volo il treno bianco per Lourdes.
La cronaca è qui di seguito, tratta da “Gente” (foto sublimi comprese). Nel
pezzo, però, Ale si dilunga sulla Grotta ma dimentica di una gran cena in
suo onore organizzata da alcuni miliardari libanesi-maroniti (glaces?) che
l’hanno inviata a un incontro col patriarca del Libano. Prima della predica
di Ale, Benedetta Lignani Marchesani ci informa dalle pagine di “Panorama”
che il rosario-tour a Lourdes è per le aristo-rampolle romane il massimo
orgasmo contemporaneo.
MADONNA CHE RUMORE C’E’ STASERA…
Benedetta Lignani Marchesani per “Panorama”
In principio era Alessandra Borghese. La principessa
discendente di Paolo V, grande amica dell'attuale Papa
Benedetto XVI, ha comunicato al mondo la sua religiosità. E
sulla sua scia in molti hanno cominciato a pregare. Voglia di spiritualità e
misticismo per un plotoncino di aristocratici, manager e intellettuali. Che
alla gita fuo¬ri porta domenicale preferiscono la messa e al weekend al mare
un blitz a Lourdes.
Reduci dal santuario, rosario in mano, Marina Salomon, Sabina Mentasti,
Simonetta Battistoni e Paola Lucisano: all’insegna del volontariato, per
amore della Madonna, si sono sorbite ben 22 ore di treno. Chi con il Sovrano
militare ordine di Malta, chi con associazioni religiose di altro tipo.
Anche le messe vanno per la maggiore e la domenica a mezzogiorno in molti
affollano le chiese. Le due cult della capitale? A San Lorenzo in Lucina si
incontrano Enrico Vanzina, Valeria Marini, Daniela Memmo con il marito
Antonio D'Amelio, Carlo Giovanelli, Lillio e Maria Pia Ruspoli. Mentre nella
parrocchia pariolina di San Bellarmino si ritrovano giovani nobildonne come
Caterina Torlonia, Imara Ruffo di Calabria e Dianora Frescobaldi.
Quest'ultima frequenta anche un corso di lettura del Vangelo, insieme con
altri rampolli, in casa di un sacerdote. La chiesa di Santa Dorotea a
Trastevere, invece, è il luogo preferito di Francesca Riario Sforza. Mentre
Marina Cicogna si inginocchia in una chiesetta di Modena.
PATER, ALE E GLORIA (SERMONE DA LEGGERE IN GINOCCHIO)
Alessandra Borghese per “Gente”
Sono appena tornata da Lourdes con il pellegrinaggio dei Cavalieri di Malta.
Alcuni amici si chiedono il motivo per cui continuo a tornare a Lourdes. La
risposta è semplice: quel luogo mi attrae in modo particolare. Lì mi sembra
che il diaframma che ci separa dal Mistero si faccia così sottile da
diventare quasi trasparente. Dall’esperienza di Lourdes è nata e si è
approfondita la mia devozione mariana. Seguire Cristo sembra talvolta
difficile; abbandonarsi con fiducia alla Madonna appare invece più dolce.
Stare con lei ai piedi della Croce rende, almeno per me, meno sconvolgente
quel Mistero di morte così atroce. Cristo è il Salvatore, Maria rappresenta
la possibilità privilegiata di entrare in contatto con lui.
È nella Grotta che batte il cuore di Lourdes. Massabielle è il nome della
vecchia roccia in cui è scavata la Grotta. È là che la Vergine Maria è
apparsa 18 volte, tra l’11 febbraio e il 16 luglio 1858, a una ragazza
poverissima e ignorante chiamata Bernadette Soubirous. Da quel lontano 1858
(dove le prime persone a recarsi alla Grotta furono Bernadette, Toinette e
Jeanne) a oggi, 150 anni dopo, i pellegrini e visitatori che passano sotto
la stessa roccia sono diventati sei milioni l’anno. Nonostante le differenze
di età, di condizioni sociali, di razze e Paesi, le persone compiono gli
stessi gesti: bevono alla sorgente, toccano la roccia, fanno bruciare ceri,
partecipano alle processioni.
Ogni volta, per me Lourdes è un’esperienza nuova, un reimmergermi nella
fede, nella grazia, nella carità che mi aiuta molto. Nella vita normale, in
questa società che proclama il valore dell’avere più che dell’essere, non è
facile fuggire sempre le tentazioni.
Quando mi trovo in difficoltà penso a Lourdes, a tutto quello che mi ha
dato, insegnato, e ritrovo la pace. Il pellegrinaggio è un’esperienza molto
forte. L’emozione inizia quando preparo la mia piccola valigia e indosso
l’uniforme da sorella. Mi sento forte, utile, per quel che andrò a fare.
Penso che la parola chiave del pellegrinaggio sia “umiltà”. Umiltà per i
malati costretti a esporre le loro malattie, spesso la loro deformità.
Umiltà nostra verso di loro, e tra noi del personale di servizio. Siamo lì
per gli infermi, per prestare loro aiuto materiale e spirituale. Umiltà che
diventa sforzo per creare un clima di amicizia allegra e di entusiasmo nel
partecipare ai vari programmi previsti.
Andare a Lourdes, in fondo, vuol dire andare da Maria, la Madre Celeste, per
affidarle il proprio dolore, la propria malattia, la propria speranza. Ogni
giorno, in silenzio, migliaia di malati e accompagnatori sfilano devoti
sotto l’immagine della Madonna nella Grotta. Ognuno ha nel cuore un
desiderio, una promessa, un voto. Molti sperano nel miracolo di essere
ascoltati e di guarire.
Sappiamo, tuttavia, che il miracolo assai più frequente, quello sicuro che
Lourdes ottiene a tutti coloro che lo accolgono, accompagnatori compresi, è
la guarigione del cuore. Per questo cerco sempre di coinvolgere nuovi amici
in questa esperienza. Ho portato con me mio fratello Fabio, mio cugino Paolo
e la mia amica Gloria Thurn und Taxis. Lourdes li ha
profondamente toccati. È difficile tornare con lo stesso animo con cui si
era partiti. Occorre aver resistito con tutte le forze alla grazia! La
manifestazione di fede che si ripete in quel luogo, a ogni ora del giorno e
della notte, non lascia indifferente nessuno.
Sento che all’interno dei cancelli del Santuario si può affermare: «Io credo
perché ho visto. Ho visto Gesù e sua Madre, Maria, intercedere continuamente
per noi». È interessante notare che di volta in volta la Madonna assume
diverse sembianze: basti pensare a Fatima, Loreto e Guadalupe. Ma il mistero
di Madre universale della Chiesa è quello che la gente porta nel cuore. Ecco
perché i santuari sono sempre più frequentati: lì è più facile pregare e
sentirsi parte di una grande famiglia.
Quest’anno durante il pellegrinaggio ho pensato spesso a Giovanni Paolo II.
In ogni angolo di Lourdes, dall’aeroporto alla Grotta, ma soprattutto nel
mio cuore, erano ancora visibili le tracce del suo passaggio al santuario.
Mai potrò dimenticare quel viaggio a Lourdes con Papa Wojtyla lo
scorso 14 e 15 agosto, il suo ultimo viaggio.
Ricordo il Santo Padre nella Grotta, la testa tra le mani, curvo su se
stesso, stanco e sofferente. Malato tra i malati, pellegrino tra i
pellegrini. Un pellegrinaggio pieno di significato: il Papa malato,
oltre a portare la sue infermità, sembrava caricare sulle spalle quelle del
mondo intero. Al suo passaggio nel santuario nessuno applaudì, tutti erano
raccolti in preghiera in un clima intimo e famigliare. La sera del 2 maggio
ricorreva il trigesimo della dipartita in cielo di Giovanni Paolo II.
Quella sera, durante la tipica processione mariana
con le candele, il flambeau, abbiamo recitato i Misteri luminosi del
Rosario. Fu proprio Papa Wojtyla ad aggiungerli alla tradizionale
recita. C’è un piccolo gesto che unisce i pellegrini e i malati durante
l’impressionante processione del flambeau: all’intonazione dell’Ave Maria,
tutti insieme solleviamo la candela verso il cielo.
Anche Giovanni Paolo II fece quel gesto dalla terrazza dell’ospedale Accueil
Notre Dame.

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